Molte coppie possiedono password di sblocco del cellulare della propria metà: ma questo potrebbe creare problemi in casi controversi.
La tecnologia è entrata da anni ormai in modo dirompente nelle nostre vite. L’evoluzione che c’è stata negli ultimi decenni è stata enorme e, nella maggior parte dei casi, è un grandissimo alleato che ci permette di compiere azioni risparmiando tempo e fatica.
A livello lavorativo la svolta è incominciata con l’introduzione dei computer che ormai sono alla base di ogni mansione e in ogni settore. Per quanto riguarda la sfera personale, invece, gli smartphone hanno sono di uso quotidiano, non solo per chiamate e per messaggi ma anche per navigare su internet, svagarsi sui social e effettuare pagamenti.
Ma al tempo stesso esistono, specialmente per gli smartphone, anche dei risvolti negativi. In primis c’è chi ne abusa e che quindi è totalmente dipendente dal proprio schermo e poi, senza ombra di dubbio, è la principale causa di litigi e separazione nelle coppie. Il tradimento non è nato sicuramente con la tecnologia, ma i nostri tempi permettono di scoprire l’infedeltà più facilmente proprio attraverso i cellulari.
Un messaggio, un’attenzione di troppo sui social, oppure una chiamata sono i casi più frequenti di coppie che scoppiano. E proprio per questo motivo, in atti di separazione, i messaggi o le chiamate diventano prove che possono dimostrare o meno l’adulterio. Ma anche in questi casi, anche se si è la parte lesa della coppia, bisogna fare attenzione. Andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta.
La domanda sorge spontanea in questi casi. E’ possibile leggere le chat del coniuge senza il suo consenso? Secondo la Corte di Cassazione, no. Leggere le conversazioni di un’altra persona su WhatsApp, pur essendo a conoscenza del pin in quanto comunicato dallo stesso utente, infatti, può significare commettere ben due reati, vale a dire accesso abusivo a sistema informatico e violazione di corrispondenza: questo è stato sancito con una sentenza pronunciata lo scorso 27 gennaio.
Gli Ermellini hanno così convalidato la condanna di un uomo che aveva utilizzato in tribunale le chat tra quella che ad oggi è l’ex moglie e il suo datore di lavoro. E neanche essere a conoscenza del pin può essere un’attenuante: non deve ritenersi rilevante, spiegano i giudici, il fatto di essere in possesso delle credenziali di accesso a un sistema informatico protetto perché comunicate in un’epoca precedente l’accesso abusivo nel caso in cui “la condotta incriminata abbia portato ad un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante l’eventuale ambito autorizzatorio”.
Come si può quindi dimostrare legalmente che si possa aver subito un tradimento? L’unico modo per accedere legalmente a tali contenuti resta quello di presentare al giudice un’istanza di acquisizione del contenuto del dispositivo elettronico, dopo di che sarà il magistrato a verificare se le informazioni rilevate siano o meno pertinenti e necessarie alla causa in corso.
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